Il Don Chisciotte

Il Don Chisciotte Pietro Citati


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Il Don Chisciotte





Capolavoro «di sogno e di fumo», il Don Chisciotte è un libro misterioso e molteplice. Chi è il narratore saggio e bugiardo che ha creato la trama, i personaggi, i colori, le ombre, la filosofia, la psicologia, le variazioni di «questa storia gravissima, altisonante, dolce e immaginata»? Con garbo, discrezione, ironia, buffoneria, menzogna, verità, Miguel de Cervantes gioca con questa domanda per tutto il romanzo, e più gioca e più la risposta si fa sfuggente e segreta. Tutto, per lui, tende all'enciclopedia, non vorrebbe escludere nulla, nemmeno l'ultimo abitante di Siviglia o di Córdoba, ma poi il suo libro totale si trasforma nella più grandiosa parodia di qualsiasi forma di totalità. A tratti, lo scrittore si perde in un gioco infinito di incantesimi dove sembra che tutte le verità, le menzogne, le parole e i silenzi formino un meraviglioso guazzabuglio. Ma poco dopo si scopre che nel romanzo dell'incantesimo e degli incantatori non tutto è incantato e alla fine lo stesso Don Chisciotte diventa un lettore realistico della realtà. Cervantes rifiuta di imporre alla sua opera un'architettura rigida e una struttura: non sta mai fermo, è sempre da un¿altra parte, deride la sua stessa narrazione, vagabonda per le strade del romanzo come il suo eroe per le contrade di Spagna. La vita stessa di Don Chisciotte è così ricca, così complessa, così divertente, così fantastica, così inverosimile che non può essere compresa in nessuna formula. L'uomo della ripetizione, il triste hidalgo provinciale, si svela come l¿uomo della rarità: uno che inventa completamente la sua vita e quella degli altri, e vede castelli al posto di locande, eserciti al posto di greggi, una regina di bellezza al posto di una contadinotta sgraziata. In pagine luminose e di straordinaria leggerezza Pietro Citati ci guida con mano sicura tra le infinite pieghe del Don Chisciotte. Attraverso vertiginosi raccourcis, ci fa vedere, fulmineamente condensate in pochi capoversi, le immortali peripezie del Cavaliere dalla Trista Figura, bastonato, percosso, umiliato, travolto dai mulini a vento e ad acqua. Di Sancio Panza, il fido scudiero, ci fa sentire l'enorme risata che rivela per qualche istante l'essenza del mondo: riso liberato e scatenato che sconfigge qualsiasi passione e sentimento, persino la tenebrosa malinconia. Ma sopratutto ci rammenta la radicale ambiguità del Don Chisciotte, un libro mobilissimo, inquieto, flessibile, che è stato il modello di tanti libri scritti negli ultimi quattro secoli - sebbene i loro autori abbiano sempre saputo che non sarebbero mai riusciti a imitarlo.

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João gregorio
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07/01/2020 21:53:06

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